Autoctoni emiliani: tutto quello che l’Emilia Romagna può offrire oggi al mondo
L’intervista a Marco Fasoli, direttore commerciale di Casali Viticultori, che festeggia il recente Premio Miglior Spumante Metodo Classico dell’Emilia Romagna al Ca’ Besina Brut 2016.
di Agnese Ceschi
È stato il primo Metodo Classico ad essere prodotto in Emilia-Romagna, grazie alla lungimiranza di Massimo Casali: il Ca’ Besina Brut 2016, fiore all’occhiello della produzione di Casali Viticultori, si è aggiudicato il Premio Miglior Spumante Metodo Classico dell’Emilia Romagna all’interno della manifestazione “Tramonto Divino”, che ha visto protagonista una selezione di cantine romagnole ed emiliane. Un vino spumante che rappresenta l’Emilia Romagna e la sua estrema versatilità in termini di autoctoni, infatti nasce da un vitigno, la Spergola, meno conosciuto del “fratello” Lambrusco, ma altrettanto interessante e promettente.
Abbiamo intervistato Marco Fasoli, direttore commerciale di Casali Viticultori per capire in che direzione sta andando nella promozione degli autoctoni emiliani.
“Questo premio ci rende molto orgogliosi ed è l’ennesima soddisfazione che si aggiunge ad un anno incredibile in termini di premiazioni. L’Emilia Romagna è una terra spesso poco presente nelle carte vini dei ristoranti, ma ciò non è di certo rappresentativo del valore di questa regione, che offre ottimi vini con un buon rapporto qualità-prezzo. Per noi questo è prima di tutto un premio per il territorio, che, a dispetto di quello che si pensa comunemente, può offrire anche degli ottimi spumanti Metodo classico”.
Qual’è la genesi di questo vino?
Il Ca’ Besina Brut è frutto della grande passione che lega Casali al Metodo Classico. È il primo Metodo Classico ad essere stato prodotto in Emilia-Romagna, grazie alla lungimiranza di Massimo Casali, che negli anni Settanta decise di percorrere pionieristicamente una strada che con il tempo si è rivelata vincente. Il valore di questo vino nasce dall’uva straordinaria da cui trae origine. La Spergola è un vitigno autoctono, che regala frutti dotati di grande versatilità: si adatta ai vini fermi, agli spumanti e anche all’appassimento. Questo vino riposa 48 mesi sui lieviti ed è dotato di grande finezza, dal sorso sapido e intenso e una notevole persistenza.
E come la mettiamo con il Lambrusco?
Quando si parla di Emilia, si sente spesso nominare il Lambrusco: il vino emiliano per eccellenza, più conosciuto e venduto al mondo. La Spergola è il suo contraltare e degno corollario. Prima di tutto è un bianco, anche esso autoctono, che trova il suo habitat naturale sulla collina gessosa tra Scandiano e Canossa, una zona storica e con caratteristiche peculiari. Per questo abbiamo scelto di portare avanti con orgoglio la promozione di questo autoctono meno conosciuto del Lambrusco. Abbiamo deciso di puntare molto su questo vitigno, tanto che a breve presenteremo anche la versione Pas Dosè con un packaging rivisitato.
Valorizzazione degli autoctoni: in che direzione sta andando Casali?
In Emilia Romagna abbiamo una grande fortuna, possiamo vantarci di grandi vitigni autoctoni. In primis il Lambrusco, che è presente in numerose tipologie. Per valorizzare questa estrema ricchezza, abbiamo prodotto un vino fatto da 21 diverse tipologie di Lambrusco. Il Lambrusco è inoltre un vitigno che si presta alla cucina moderna per freschezza della bollicina, basso grado alcolico e adattabilità. La valorizzazione in questo caso passa dall’esaltazione delle sue caratteristiche.
Nel caso della Spergola, invece, stiamo cercando di comunicare la sua estrema versatilità e inoltre la sua esclusività. Le quantità sono molto ridotte e ciò ci consente di lavorare in modo mirato su target molto ristretti. In questo caso abbiamo scelto di puntare sul mercato locale ed italiano. Vogliamo essere prima forti in casa, per essere forti in un secondo momento all’estero.
Nel caso del Lambrusco, invece, come vi state muovendo all’estero?
Questo è un vino che dà grande soddisfazione perché si presta perfettamente alla cucina internazionale: materie prime varie, magari lavorate a crudo o con cotture non lunghe. Questo vino dà il meglio di sé per la sua freschezza. Per questo motivo stiamo puntando nel comunicare il suo potenziale di adattabilità e di abbinamento con la cucina.
Per quanto riguarda invece il posizionamento sui mercati, in questo caso dovrebbero intervenire i Consorzi di Tutela, per lavorare sull’immagine del prodotto, visto purtroppo per tanto tempo come vino povero e cheap. C’è ancora molto lavoro da fare, ma siamo sulla strada giusta.