Vino e Milano
In altri tempi, la nostra città, prima che archistar, asfalto e cemento la conquistassero, aveva una sua discreta produzione di etichette di qualità. Le zone più vocate erano Porta Venezia e Porta Romana. La vinificazione era tutta in loco.
Oggi tutto è cambiato, ma, una vigna, quella con il sangue più blu di tutte, è rinata dalle sue ceneri: è la vigna di Leonardo da Vinci. In un giardino di corso Magenta è stata scoperta e portata a nuova vita. Il recupero è una storia tutta milanese: i filari – donati da Lodovico il Moro al genio di Vinci, sono rimasti in produzione per circa cinquecento anni prima di sparire a metà Novecento per far spazio all’urbanizzazione definitiva dell’area. Ora Milano ha bisogno di ritrovare identità andando a riscoprire le sue radici.
I proprietari della casa degli Atellani hanno scavato nel giardino storico alla ricerca di tracce della vecchia coltivazione. E le hanno trovate. Un po’ di radici qua e là da cui, in collaborazione con l’Università di Scienze Agrarie, è stato recuperato il Dna originale, quello di un buon Moscato aromatico di Candia, vino preferito dai signori dell’era leonardesca.
Clonato il vino d’allora, create le nuove barbatelle e piantate nel luogo d’origine, si arrivò alla prima vendemmia datata autunno 2018. La spremitura donò 270 lt. di nettare, fatti maturare, come prescriveva l’autore della Gioconda, in apposite anfore di coccio. Qui finisce la parte romantica e comincia quella economica; infatti, le bottiglie del moscato leonardesco andranno all’asta il prossimo ottobre, insieme, una piccola sfera di vetro con il picciolo della vite e certificato anastatico di provenienza.
Il prezzo, ci si può scommettere, sarà all’altezza degli altri capolavori di Leonardo da Vinci.