Il Barolo chinato è un vino da fine pasto, uno di quei vini spesso snobbati dagli appassionati winelovers. Noi, cui piace vivere meglio, preferiamo ignorare le tendenze modaiole e beviamo ciò che ci appaga.
Il Barolo Chinato, visto che non è troppo zuccherino, dovrebbe tenere a bada anche i più scettici. Non si tratta di un Barolo che si è piegato per rendere omaggio ad un’immagine sacra. “Chinato” si riferisce all’aromatizzazione, giacchè di vino aromatizzato si tratta. Per la precisione, con la china, la china casilaja.
Con la china casilaja, un tempo, si curava la febbre ed era ritenuta un buon lenitivo per la malaria. In Piemonte, capitava spesso che un buon farmacista, vicino alla sua bottega, avesse anche una vigna. A Serralunga d’Alba (Cuneo), nell’ottocento, un certo Giuseppe Cappellano decise di creare un rimedio che unisse la bontà del miglior rosso del mondo (il Barolo) alle proprietà medicinali della china calisaja.
Nacque così il Barolo Chinato.
Oggi, Augusto Cappellano, ultimo erede di una famiglia votata al vino, accanto a molte belle bottiglie di Barolo, propone ancora la ricetta del suo bisnonno. Il Barolo Chinato marca Cappellano nasce dalla china e da un miscuglio di spezie tutto segreto. Palesissima, invece, è la sua bontà: un nettare dal colore scuro, dal profumo di spezie antiche che vanno a braccetto con la violetta tipica dei grandi Barolo, e dal sapore che è un velluto, austero, calmo. Da antologia l’accompagnamento con un bel cioccolato ad altissima percentuale di cacao o (con moderazione) consumando un sigaro tipo Toscano.