Piero è un contadino ottuagenario, confermiamo “contadino” all’opposto di “cittadino”, non vuole essere chiamato agricoltore nè viticoltore, ma “contadino”.
Piero ricorda, vuol parlare ed io lo sto ad ascoltare con piacere. anche perchè i suoi racconti sono intrisi di romantica nostalgia.
“Una volta ogni filare aveva in testa una rosa; era la nostra sentinella naturale per capire se la Peronospora fosse in agguato. La vigna era spesso interrotta da alberi da frutto: peri, meli, ciliegi, pruni. E ovunque c’erano i ciabòt. Ora abbiamo solo più vigne, ma io spero che nell’arco di qualche anno torneremo a ricreare quell’ambiente, perchè quello è il contesto in cui la natura dà il meglio”.
L’argomento ciabòt mi interessa e Piero sorride e continua: “i ciabòt sono un pezzo di memoria delle nostre terre, sono una parte di quel <terroir> che spesso dimentichiamo di mettere in mostra per valorizzare le qualità dei nostri prodotti”.
I <casottini di vigna> nascono senza fronzoli artistici da esibire, sono costruzioni elementari, semplici strutture rurali e nascevano con il preciso compito di riparare le persone da eventuali improvvise intemperie e per accogliere gli attrezzi di lavoro. Qualche volta si trasformavano in luoghi di aggregazione e di festa, ospitando libagioni di famiglia, scatenavano allegria, gioia, vita agreste spensierata, musica e le bottiglie di <vino buono> erano sempre al fresco.
I ciabòt sono la testimonianza di un passato che parla al cuore delle persone che si avvicinano ai nostri territori, parlandone e gustando i nostri prodotti apprezzando il nostro lavoro e le nostre eccellenze.
Bisogna percorrere lentamente <senza disturbare il lavoro agricolo> i sentieri di collegamento tra ciabòt e ciabòt, resi <mostre permanenti> con pannelli, immagini, elementi artistici, che raccontano storie.
Nel Monferrato, censiti recentemente, risultano essere 128. Buone passeggiate!