“DA PINUCCIO”, IL NORCINO SI FA ARTISTA
Carlo Casati rappresenta la quarta generazione di una dinastia di macellai e salumieri. Spinto dalla passione, ha deciso di non cedere alle lusinghe del mercato, per perseguire un’arte, quella della norcineria, che qui sfocia in prodotti unici.
La ricerca di materie prime nazionali, allevate con un’alimentazione equilibrata, è il punto di partenza. Ogni fase della filiera è curata personalmente e tutte le lavorazioni a valle della macellazione sono eseguite da lui. Stagionature lunghe senza forzature e il non impiego di conservanti e antiossidanti completano il quadro.
La sensazione che Carlo Casati trasmette quando ci racconta del suo mestiere è quella di una sfrenata passione. Che non è – si badi – “semplice” amore per il proprio lavoro, ma qualcosa di più. È voglia di preservare una certa tradizione, di perpetuare un sapiente know-how artigiano che lambisce l’arte, è desiderio di trasmettere emozioni ai propri clienti. Non solo. V’è anche un sottile timore che trapela dalla sua serratissima, coinvolgente parlata: la recondita paura che tutto questo un giorno possa andar perduto, l’amara consapevolezza che la sua è una lotta impari; timore che sfocia quasi in una velata rassegnazione, subito però scacciata dall’entusiasmo di presentarci un nuovo prodotto, di spiegarci un’altra lavorazione, di farci assaggiare un’ennesima prelibatezza.
Patron della macelleria-salumeria “Da Pinuccio”, di Sartirana di Merate (Lecco), Carlo rappresenta la quarta generazione di una dinastia di macellai-norcini. Il bisnonno materno già nel lontano 1870 lavorava a Monza con Francesco Vismara, fondatore dell’omonima industria alimentare; entrambi i nonni era norcini, il padre macellaio. Come giustamente tiene a sottolineare il nostro, vista la genìa, non poteva non aver anche lui nel sangue la passione per la lavorazione delle carni. In particolare da suo padre, Carlo ha appreso l’antico mestiere della macellazione, attività sino al 2004 svolta in proprio, ma poi giocoforza interrotta, complici le severe normative emanate dalla Ue in materia igienico-sanitaria. Ma ancora oggi la selezione dei capi di bestiame, la supervisione della macellazione eseguita presso l’allevatore, tutte le lavorazioni a valle, sono svolte rigorosamente dal norcino di Merate, a garanzia di un totale e reale controllo della filiera.
La produzione della macelleria di Merate si articola lungo due filoni principali. La lavorazione di manze e vitelli, e quella dei maiali. Le prime provengono dall’allevamento Bonacina di Bonate Sopra (Bergamo), tutte scottone femmine razza Limousine, allevate in Italia subito dopo lo svezzamento, di età inferiore ai 18 mesi. La testimonianza che questi capi sono nutriti nel modo più equilibrato possibile e non in maniera forzata è empirica ma probante. “Durante la salatura a secco per la preparazione della bresaola – ci spiega Casati – la carne mostra compattezza e rilascia poca acqua, pur appartenendo ad animali molto giovani; ciò è garanzia di un’alimentazione bilanciata e salubre”.
Uno fra i tagli più gustosi che è possibile ottenere da queste manze, è la costata tipo fiorentina. Chiosa il nostro anfitrione: “La sua caratteristica è di presentare un osso a forma di ‘T’, una sezione di filetto da un lato e di controfiletto dall’altro; lo spessore del taglio, secondo tradizione, ha da essere pari a una vertebra, ovvero 5-6 cm”. E seguita: “È molto interessante notare che il grasso si presenta bianco candido, in quanto l’animale è assai giovane; fosse stato più maturo, il colore dell’adipe avrebbe cominciato a virare a un giallo via via più intenso. Inoltre, il fatto che io utilizzi solo femmine lo si nota da un dettaglio molto importante: la marezzatura”. La marezzatura, sono quei puntini di grasso disseminati tra le fibre muscolari: più sono evidenti, più la carne è da considerarsi pregiata; il fatto è che sono le femmine ad avere una marezzatura più marcata, quindi a essere qualitativamente superiori e a costare di più”.
Ma con le carni di manzo Carlo Casati prepara anche (e soprattutto) la bresaola, per la quale nutre autentica venerazione. Le parti che utilizza a questo scopo sono la punta d’anca e il magatello o girello, che devono presentare alla vista un’impeccabile marezzatura.
Dapprima ha luogo la salatura a secco, con l’aggiunta delle spezie: pepe, cannella, chiodi di garofano e un mix detto “droga sublime”. Così trattato, il pezzo rimane 4 settimane a macerare in vasche, con sporadici massaggi manuali. Terminata questa prima fase, avviene la lavatura con vino bianco, quindi la futura bresaola la si avvolge con un fazzoletto vegetale intriso di aceto e acqua calda, il quale andrà ad aderire come una pellicina. Il tutto, a ulteriore scopo protettivo, lo si avvolge con una “calza” di nylon, serrata da una rete chiusa a sua volta con dello spago, capace di far costante pressione e aiutare perciò il processo di asciugatura via via che il pezzo perde di peso e si ritira. Questa fase comincia con una prima ventilazione forzata, per proseguire poi molto più gradualmente nel corso del lungo periodo di stagionatura.
“Affiniamo le bresaole in modo naturale, nelle nostre cantine del 1889 – sottolinea con fermezza Carlo Casati, dove per gran parte dell’anno si riesce a mantenere una temperatura costante di 12-14°C e un’umidità pari all’80%, così di consentire una perfetta formazione della giusta muffa. Mai forziamo la stagionatura, che può durare anche qualche mese, a seconda della pezzatura; non facciamo nulla per la colorazione, usiamo solo manzo, nessun antiossidante, solo un tocco di salnitro a mo’ di protezione durante la maturazione in cantina. Il tutto ci porta a una resa del 60% o anche meno, a delle pezzature non omogenee e di peso variabile, a colori non vivaci, ma in compenso il risultato organolettico finale è incomparabile”.
I vitelli li acquistiamo da Gonella, allevatore del cuneese; anche loro sono di razza Limousine. Gli animali dopo un breve svezzamento (non più di 5 mesi), vengono portati in Italia, allevati e qui macellati. Una corretta alimentazione ad alta percentuale di latte intero, assieme al pregio della razza transalpina, ci consente di poter lavorare vitelli che ci rendono certo meno della media (una resa finale del 60% invece del consueto 70%), ma che d’altro canto presentano una carne dal giusto equilibrio fra muscolo, fibra e grasso, di corretta conformazione anatomica e dai gustosi tratti organolettici. D’altro canto, per me qualità è sinonimo di salubrità. Il controllo della filiera non deve essere solo una certificazione burocratica, ma un dato di fatto, riscontrabile nella qualità del prodotto finito. Le piccole macellerie come la mia possono reggere se con la propria clientela riescono a instaurare un rapporto di reciproco rispetto e fiducia”.
Per l’attività prettamente norcina, lavoriamo maiali nazionali, che acquistiamo da macelli locali. Io prediligo i ‘magroni’, giovani maschi di un anno di vita; da non confondere coi verri, che di solito presentano un leggero puzzo di urina. La garanzia della loro provenienza (da allevamenti biologici di Fossano, Cuneo) è data da un marchio indelebile che segna il numero del capo e la provincia di origine. Oltre ai maiali interi, acquistiamo in più le cosce, svelo un piccolo segreto… sono la parte più pregiata del suino, normalmente impiegata per produrre i redditizi prosciutti crudi, ma che noi – unici a farlo – la usiamo per i salami. Poiché le cosce di un suino sono insufficienti al nostro fabbisogno, per avere la possibilità di poter preparare un numero adeguato di salami di sola coscia, necessitiamo di acquistare separatamente dei sovrappiù di quest’ultime! Carlo ci spiega che i suoi salami sono di gran lunga migliori di quelli ottenuti da un misto di carré, spalla, rifilature di coscia… Ma nessuno li fa così perché con la stessa parte di maiale si produce il crudo, che il consumatore è disposto a pagare molto più che il salame.
Carlo ci racconta che una piccola parte di impasto non la si stagiona e la si destina a consumo fresco, una sublime pasta di salame della tradizione locale, chiamata borroeula, spalmabile su pane non tostato (per non contaminarne la lévità organolettica) o eventualmente cotta sotto la brace, accompagnata da patate o polenta. La differenza di questo prodotto rispetto alle altre paste o alle salsicce è che queste ultime vengono macinate fini e senza essere snervate, con il conseguente surriscaldamento dell’impasto e lo spappolamento dei tendini; la borroeula viceversa, priva di ogni fibra nervosa e impastata in modo più grossolano e omogeneo fra parti grasse e magre, risulta incomparabilmente più compatta, morbida e delicata.
Vi sarebbero a questo punto da descrivere molte altre specialità preparate da Carlo Casati, come il lardo fresco macinato a caldo, ottenuto da mezzene di lardo scotennate appena macellate e immediatamente macinate (a caldo appunto), per ridurre l’effetto meccanico del surriscaldamento. Ma anche certi prodotti di gastronomia, come le succulente Valdostane, ripiene con sapienza di prosciutto cotto e fontina, o gli hamburger a base di cotto, vitello, salsiccia fatta in casa ed erbette, senza conservanti né antiossidanti. Ma sarebbe un percorso che ci condurrebbe molto oltre gli spazi a nostra disposizione e che ci riserviamo di affrontare magari in un prossimo futuro.