Un paio di giorni fa ho partecipato a un seminario – organizzato nello spazio di Identità Golose all’interno di Host Fiera Milano – sulla scelta, servizio e lavaggio del bicchiere da vino, promosso da Caraiba (distributore dei cristalli Spiegelau) e Winterhalter, azienda leader nel settore delle macchine lavabicchieri.
Salto la parte, pur importante, sull’importanza di un adeguato lavaggio del bicchiere da utilizzare nella degustazione di un vino, ottimamente trattata da Claudio Toccane di Winterhalter, per raccontarvi cosa ho proposto io ai presenti all’incontro: la degustazione dello stesso vino – un Bolgheri Rosso 2012 della cantina Caccia al Piano 1868 – servito in quantità uguale in 5 bicchieri diversi, ovvero un calice omologato Iso, un tumbler normalmente utilizzato per l’acqua, un flute, un ampio ballon da vino rosso e un bicchiere tecnico da degustazione (della linea Hi-Tech).
Il vino nei 5 bicchieri ha espresso subito profumi diversi: questo era piuttosto risaputo, quasi ovvio direi, ma la prova pratica è stata molto istruttiva e chiunque si è accorto di quanto sia “veramente” diversa l’espressione olfattiva dello stesso vino in ogni bicchiere, che si è dimostrato quasi muto nel flute e fortemente espressivo nel ballon.La cosa che invece ha stupito di più i presenti – e devo dire anche il sottoscritto – è stata la diversità tattile e, in fondo, gustativa che la prova dei 5 bicchieri ha evidenziato. A seconda del bicchiere il vino entra in bocca in modo diverso, lo stesso sorso ha una dinamica molto differente: veloce e affrettata con il tumbler, abbastanza veloce con il flute, molto lenta con il ballon, “giusta” con l’Hi-Tech. La modalità e la velocità con cui il vino entra in bocca influisce parecchio sulle sensazione tattili (consistenza, fluidità, corposità) e sulla sensazione gustativa complessiva; insomma il vino, a seconda del bicchiere che lo contiene, sembra che abbia anche un gusto diverso, o comunque appaga (o meno) il palato con modalità evidentemente differenti. Provare per credere … per noi a Milano è stato così.
Chiudo dicendo che questa è stata una prova molto tecnica, per “addetti del settore”; in genere per fare una buona degustazione professionale si usa lo stesso bicchiere – in questo caso, a mio parere, il modello Hi-Tech è quello che si presta meglio – per tutte le batterie di vini, mentre un ristorante di rango, se è veramente tale, dovrebbe essere in grado di proporre il bicchiere adatto per ogni tipologia di vino che viene ordinato. E questo oramai è quasi scontato, avviene sempre.
Il problema del “giusto bicchiere” si pone più spesso, purtroppo, quando si va a mangiare in qualche buona trattoria/osteria, talvolta anche in quelle recensite in Guida Osterie da Slow Food: ma è mai possibile che questi osti, oramai attenti in maniera spasmodica non solo alle materie prime ma anche ai piatti che ospitano i loro manicaretti, non siano capaci di dedicare la stessa attenzione al bicchiere? Qualche volta ti mettono in tavola dei calici inguardabili e assolutamente inadeguati rispetto alla lista dei vini – ben fatta e apprezzabile – che ti propongono: un piccolo sforzo e un minimo investimento (in bicchieri, e nella macchina giusta per lavarli) garantirebbero una piena soddisfazione del cliente anche per questi aspetti, oramai non più trascurabili.